Demenza: possibili effetti positivi degli scacchi sulla sintomatologia
Il gioco degli scacchi sembra ridurre il rischio di demenza e combatterne i sintomi.
Diversi studi dimostrano l’esistenza di una correlazione tra la pratica degli scacchi e la riduzione degli effetti di decadimento cognitivo associati alla demenza, in particolare uno studio recente reso noto dalla rivista The New England Journal of Medicine ha rilevato nei soggetti al di sopra di 75 anni impegnati nel gioco degli scacchi, un allenamento cognitivo tale da indurre in loro un minor rischio di sviluppare demenza rispetto ai coetanei non giocatori.
Il gioco degli scacchi costituisce una vera e propria disciplina sportiva riconosciuta dal CONI e in realtà può essere considerato molto più di un semplice gioco, in quanto è oramai noto che la pratica costante ha delle positive ripercussioni sull’allenamento e lo sviluppo di abilità cognitive, che attualmente sono prese in considerazione anche in ambito psicoeducativo. Basti pensare che in alcuni paesi come Francia, Germania e Regno Unito il gioco di scacchi è entrato anche nella didattica come materia scolastica che aumenta le capacità logiche. In termini pedagogici, la pratica degli scacchi comporta diversi benefici a livello di concentrazione, accettazione di regole con notevoli ripercussioni anche su autostima, responsabilità, autocontrollo, memoria, coordinazione, creatività e quindi consente di raggiungere nei bambini diversi obiettivi fondamentali per lo sviluppo della mente e del comportamento pro sociale. Possiamo quindi considerare il gioco di scacchi come una palestra della mente, ovvero un training cognitivo e come tale è stato attenzionato e applicato anche in altri ambiti sperimentali come ad esempio la riabilitazione neuro cognitiva rispetto a disturbi vari, tra cui in particolare la demenza. In Italia, ad esempio, la Brain Care, centro che si occupa di stimolazione e potenziamento cognitivo nei soggetti disabili ma anche in soggetti normo e iper-abili, di cui è direttrice dal 2011 la dottoressa Anna Cantagallo, nonché docente in diversi Atenei italiani e coordinatrice delle sezioni di Riabilitazione Neuropsicologica (GIRN) dal 2006 al 2014, ha mostrato notevole interesse per il gioco degli scacchi considerato anche come sorta di test di valutazione di processi cognitivi, quali risoluzione di problemi ed expertise (insieme di comportamenti generali e specifici associati al pensiero creativo). La dottoressa Cantagallo, infatti, spiega che il gioco degli scacchi “si basa principalmente sull’attivazione rapida e consapevole di vari processi come ad esempio la memoria a lungo termine, problem solving, autocontrollo e la teoria della mente”.
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