Alleanza terapeutica: la relazione che cura, tra cognizione ed emozione
Nel campo di forze generato all’interno del setting terapeutico fluttuano energie alla ricerca di quella combinazione in grado di costruire una relazione, una combinazione fatta di chimica, cognizione, emozione.
La relazione si muove come in uno spartito musicale, fatto di note predominanti, di tonalità, ma anche di pause. L’armonia si ricerca anche nel silenzio più profondo, perché spesso è proprio attraverso il linguaggio del corpo, fatto di autentiche verità, incapace di menzogne, che avviene l’incontro.
Risulta essenziale all’interno di questo spartito emozionale la costruzione di un’alleanza terapeutica, che coinvolga allo stesso modo paziente e professionista. Studi empirici sull’efficacy della psicoterapia dimostrano che tale alleanza risulta essere tra i fattori aspecifici predittivi di un buon esito del trattamento e, dunque, nucleo concettuale e clinico di estrema importanza (Meta-analisi, Horvath, Del Re, Flückiger et al., 2011).
Perché? Semplice, quanto complesso: perché induce cambiamento.
La coazione a ripetere, «quell’eterno ritorno dell’uguale», quell’eterno ritorno che si impone quasi come potenza demoniaca al paziente, ancorato ad uno stato di passività ed immobilità, ben si evidenzia anche nella relazione terapeutica. Appare fondamentale l’innesco di un movimento, che se pur piccolo o lento, verta all’evoluzione, partendo necessariamente da una forte coalizione con L’Io sano.
Forte rilevanza ha nel processo trasformativo la stimolazione dell’immaginario, proprio come accade nella musica: un dettaglio, un profumo che innescano un pensiero, a sua volta modulato in un suono, e poi in una melodia e poi in un’opera. Immaginario che risulta essere terreno fertile, humus in grado di coltivare, anche in mezzo ad un terreno arido, singoli semi che nascondono un potenziale infinito
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