Quante parti di te conosci e soprattutto, quante ne riesci ad accogliere consapevolmente e quante altre rifiuti? Ognuno di noi ha degli aspetti della personalità che più apprezza e vuole coltivare mentre tenta di assopire o addirittura “sopprimere” altri aspetti di sé.
Le «teorie delle parti» sono generalmente usate per comprendere meglio i sintomi drammatici manifestati dai pazienti traumatizzati, tuttavia, queste teorie si possono applicare al nostro vivere quotidiano e possono aiutarci a comprendere meglio chi siamo.
Nel mondo della salute mentale, l’espressione “parti della personalità” è piuttosto controversa, tuttavia, il suo impiego nel gergo comune possiede molti vantaggi: anzitutto, la parola “parti” suggerisce che vi sia una persona e una personalità intera composta da molteplicità e quando parliamo di “una parte” facciamo riferimento solo a un singolo aspetto. In seconda analisi, parlare di parti della personalità ci aiuta ad accettare più facilmente le ambivalenze e le conflittualità che viviamo ogni giorno (una parte di me vorrebbe tremendamente dimagrire, ma altre parti di me me lo impediscono… oppure una parte di me sa che è giusto chiudere questa relazione, ma io proprio non ce la faccio). Nel nostro pensiero quotidiano, ammettiamo che esistono diverse parti di noi che condizionano le nostre azioni.
Le parti ferite della personalità
Onno Van der Hart, noto per i suoi apporti teorici e pratici sulla diagnosi e trattamento della dissociazione strutturale della personalità, ha parlato di «parti apparentemente normali della personalità» e «parti emotive della personalità»(parti ferite). Questi concetti confluiscono nella sua più complessa «Teoria della Dissociazione Strutturale».
Le «parti apparentemente normali della personalità» sono quelle che funzionano bene, in armonia con scopi e obbiettivi. Si tratta di quelle parti della personalità che si curano delle attività quotidiane come il lavoro, le relazioni, lo svago e le gratificazioni personali di vario genere.
Le «parti emotive della personalità» sono parti guidate da meccanismi di difesa arcaici. Prese individualmente, le parti emotive descritte da O. Van der Hart sono: parti attacco (fight), parti fuga (flight), congelamento (freeze), sottomissione (submit) o attaccamento in funzione della sopravvivenza(attach for surival). O. Van der Hart ha teorizzato questo modello per spiegare i sintomi dei pazienti traumatizzati. A partire dal suo lavoro, il panorama scientifico ha osservato un intero modello neurobiologico, evidenziando pattern neurali connessi alle diverse “parti della personalità“. Le «parti emotive della personalità» sono essenzialmente parti del sé connesse al trauma che emergono in risposta a sollecitazioni esterne o interne. Cosa c’entrano queste “parti emotive” con te?
Quante volte non sei riuscito a dire “no” e hai accettato con passività dei trattamenti che ti ferivano? Questo è un aspetto della parte di te sottomessa o dipendente. Cioè quella parte di te che in passato è riuscita a sopravvivere compiacendo gli altri e in modo particolare le figure di attaccamento.
Quante volte hai reagito con estrema rabbia per un’inerzia? Questo è un aspetto della parte “attacco”. Una sfaccettatura di questa parte della personalità l’ho spiegata nell’articolo intitolato «Perché si è permalosi e troppo sensibile a critiche, mancanze e richiami»
Ogni parte di te che si è sviluppata sulla base di meccanismi di difesa ancestrali, lo ha fatto per sopravvivere in un sistema di attaccamento carente, abusante e quindi, in misure diverse, lesivo. Queste parti emotive di te, seppur sgradite e scomode, rappresentano una modalità di auto-protezione.
Il problema delle parti emotive della personalità è che vivono nel passato. Vivono ancora convinte di essere sotto minaccia, così, alla minima sollecitazione (come può essere una minaccia di abbandono oppure una critica o una minaccia all’autonomia) si attivano causando problematiche relazionali e non.
Queste sono le parti legate a una difesa animale così come descritte in precedenza. Sono parti che mettono in atto meccanismi di aggressione o fuga solo a scopo difensivo. Oppure possono essere particolarmente accondiscendenti per timore dell’abbandono e del rifiuto.
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