Autismo: il ruolo del sistema dei neuroni specchio
Un’ipotesi interessante circa l’eziologia dell’autismo si deve alla scoperta dei neuroni specchio.
Queste sono le parole che Andrea, un ragazzo autistico, scrive al padre grazie al computer che usano per comunicare. Andrea si sente imprigionato e sogna la libertà, come se fosse possibile abbattere quelle barriere che lo separano dal mondo.
Bruno Bettelheim nel 1967 riferendosi all’autismo parlò di “fortezza vuota” ed effettivamente i soggetti autistici tendono a separarsi dal mondo e a rinchiudersi in se stessi, ma questa forma di protezione può comportare delle forti sofferenze che non sono in grado di esternare. L’incapacità di interagire di questi bambini determina frustrazione in essi, che capiscono e provano emozioni, ma non sanno come manifestarle. La loro fortezza, quindi, non può essere definita vuota, ma racchiude emozioni, gioie e dolori che non siamo in grado di vedere, ma che non per questo non esistono. Purtroppo il lavoro di ricerca in questo campo è molto indietro. Per riuscire ad abbattere le barriere tipiche dell’autismo è prima importante capire quali siano le sue cause.
Autismo, dal greco autòs, significa sé stesso. Il termine ‘autismo’ fu introdotto nel 1911 dal medico-psichiatra svizzero Bleuler (1857-1939) per indicare un comportamento, che si osserva in pazienti schizofrenici, caratterizzato da chiusura, evitamento dell’altro ed isolamento. Secondo Bleuler l’autismo consisteva in un ritiro in se stessi presente nei giovani affetti da presunta psicosi. Il termine autismo era quindi utilizzato per definire una caratteristica di una patologia, e non una patologia a sé stante