Tra le caratteristiche più frequenti della Pseudodemenza depressiva ci sono deficit mnemonici e anomalie del pensiero. Come distinguerla dalla demenza?
Il quadro sintomatologico della Pseudodemenza depressiva può indurre alla formulazione di erronee diagnosi di demenza, nel caso di pazienti anziani depressi, con aumento del rischio di proporre trattamenti inadeguati rispetto all’effettiva condizione patologica.
La Pseudodemenza depressiva: un’introduzione
La “Pseudodemenza depressiva”, termine coniato da Kiloh nel 1961, è una condizione psicopatologica descritta per la prima volta da Mairet nel 1883, nella monografia “Démence Mélancolique”, come una condizione caratterizzata dal sopravvenire di gravi deficit cognitivi come conseguenza di un disturbo dell’umore (riportato da Berrios, 1985). Mentre inizialmente si riteneva che essa avesse origine organica, ad oggi si sa che la Pseudodemenza si differenzia dalle classiche forme dementigene proprio in quanto, al contrario di quest’ultime, non deriva da alterazioni cerebrali puramente organiche, ma si manifesta come esito di disturbi funzionali (Fischer, P., 1996). Tra le caratteristiche più frequenti di tale condizione va annoverata l’insorgenza di deficit mnemonici e di anomalie del pensiero: tale quadro sintomatologico può indurre alla formulazione di erronee diagnosi di demenza, nel caso di pazienti anziani depressi, con aumento del rischio di proporre trattamenti inadeguati rispetto all’effettiva condizione patologica (Fischer, 1996). Il modo migliore per evitare errori consiste, secondo Fischer, nell’indagare -nel caso di soggetti anziani con sintomi cognitivi-, l’eventuale presenza di manifestazioni depressive, quali l’abbassamento del tono umorale e il rallentamento psicomotorio, al fine di favorire la diagnosi differenziale. Tuttavia, sarebbe un errore ridurre ad una concezione di esclusione reciproca le forme depressive e dementigene: vi sono, infatti, evidenze scientifiche che suggeriscono come tali condizioni possano coesistere, sia perché la depressione costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo del morbo di Alzheimer, sia perché la sintomatologia dell’umore insorge frequentemente in conseguenza delle diagnosi di demenza, arrivando anche a peggiorarne la sintomatologia.