Psicopatia: quali sono gli aspetti caratteristici e i correlati neurologici
Quante volte abbiamo sentito parlare di psicopatia, magari in tv, attraverso telegiornali o documentari trasmessi su varie piattaforme? La parola psicopatia è spesso utilizzata nel linguaggio di senso comune, associata a detenuti, autori di crimini violenti o semplicemente per designare una persona che presenta particolari tratti caratteriali.
Ma quali sono le sue origini?
Il termine psicopatia ha radici antiche, la sua etimologia deriva dal greco “psychè”, mente, e “pathos”, sofferenza.
Utilizzato per la prima volta da Teofrasto, allievo di Aristotele, il quale la definì come una caratteristica tipica degli individui privi di scrupolo.
Nel 1801 lo psichiatra francese Philippe Pinel descrisse un pattern di comportamenti devianti, profondamente crudeli e privi di giudizio, presenti in pazienti con chiari disturbi mentali in assenza di un deficit della ragione, della percezione, della memoria o di manifestazioni e segni tipici di un disturbo cognitivo quali allucinazioni, deliri o atti autolesionistici. Definì tale caratteristica: “manie sans dèlire”, appunto follia senza delirio, per classificare questi individui “malati non deliranti”, poiché pur comprendendo la follia del proprio status non erano in grado di inibirne l’azione.
In seguito, la psicopatia come diagnosi clinica, fu affrontata dallo psichiatra americano Hervey M. Cleckley con la pubblicazione del testo: “The Mask of Sanity: An Attempt to Clarify Some Issues About the So-Called Psychopathic Personality” (1941).
Egli fornì la più influente descrizione clinica della psicopatia del XX secolo, tanto che le caratteristiche di base da lui delineate, sono ancora oggi significative.
Secondo l’autore questi individui non presentano elementi peculiari riferibili unicamente all’aspetto comportamentale, ma anche a delle modalità relazionali che includono la vita affettiva….
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