Le due facce del capodanno

Anche nella nostra psiche è fissata questa data di passaggio: una conclusione e un nuovo inizio.

La fine dell’anno segna in effetti il completarsi di un ciclo, di una fase, ritma i nostri percorsi ed evoca inevitabilmente ricordi, confronti, resoconti, considerazioni.

Bilanci personali. Che molte volte chiudono in rosso, con pendenze, debiti o crediti emotivi. Ci rendiamo conto di aver investito molto ma non ci sono stati ritorni.

Per altri versi abbiamo preso troppo, senza impegnarci per far fruttare quello che ci è arrivato.

Non a caso le festività di fine anno coincidono con un periodo di antiche celebrazioni pagane per Giano, il dio dalle due facce. Gennaio è il mese nel quale allo stesso tempo guardiamo indietro e avanti, celebriamo il passato e offriamo sacrifici al futuro.

Ricomincio da Capodanno

È la cultura del Capodanno: impegnarsi a fare meglio.

Un’occasione per pensare modi di migliorare noi stessi. Per prepararsi, pianificare prima di andare alla carica.

Per riprenderci da capo, re-impegnarsi. E’ possibile ricominciare ogni giorno, ogni settimana in fondo, ma è al cambio di calendario che sentiamo più forte questa esigenza.

Crediamo di poter reinventare noi stessi, di scrivere pagine nuove del romanzo personale. Ci proiettiamo mentalmente in un futuro prossimo secondo i nostri desideri, ci vediamo già diversi.

Trapassiamo in un nuovo anno con aspettative e propositi, ripensando ciò che è stato e quello che ci attende.

Life is what happens to you while you’re busy making other plans – La vita è ciò che ti succede mentre sei impegnato a fare altri progetti – canta John Lennon in Beautiful boy, il brano dedicato al piccolo Sean, suo figlio.

Un pezzo contenuto nel suo ultimo album, dal quale si ricorda soprattutto la famosissima Just like starting over, fatalmente Proprio come ricominciare

Perché in effetti la nostra vita non si svolge secondo lo script desiderato. Non possiamo programmarci come si fa in informatica. Non siamo in grado di prevedere cosa ci renderà felici.

Perdiamo molto di quello che ci accade sequestrati dalle attese che facciamo su ciò che deve accadere e su noi stessi. Molto di ciò che viviamo e sentiamo si colloca al di fuori della portata della coscienza.

Capita anche che ciò che sogniamo per la nostra felicità, una volta raggiunto, non ci soddisfi veramente mentre un evento inaspettato può rivelarsi appagante.

E i propositi, così come i bilanci, sono pieni di giudizi. Si soffermano su ciò che non è andato o mancato.

Guardano al nuovo anno come tempo per fare meglio, di più, spingerci in avanti ma sempre con occhio critico e controllante. Rischiamo di essere austeri, severi con noi stessi. E spesso troppo rigidi.

Ma proprio quando guardiamo indietro con rammarico, e proviamo tensione per ciò che deve arrivare, stiamo minando il nostro futuro. Queste emozioni sono correlate a evitamento e disimpegno. Ci portano lontano da un vero cambiamento.

I buoni propositi per il nuovo anno

Anche alcuni studi dicono che i buoni propositi per il nuovo anno hanno in genere vita breve. Sono perfettamente inutili.

Perché poi non riusciamo ad attenerci alle linee di cambiamenti e ricadiamo nelle solite abitudini. Non risolviamo. Falliamo clamorosamente.

Abbandoniamo l’obiettivo, nella maggioranza dei casi, molto presto. La quotidianità, la vecchia struttura hanno il sopravvento e così ci sentiamo peggio che mai, incapaci di trasformarci.

Forse dovremmo guardare meno ciò che non va di noi, cosa non facciamo bene, criticandoci. Dovremmo concentrarci invece su ciò che favorisce una piena espressione di chi siamo veramente. E’ una posizione diversa di vedere se stessi nei programmi del Capodanno.

Pensiamo a quando è stata l’ultima volta in cui abbiamo fatto qualcosa veramente in sintonia con quello che sentiamo, in risonanza con ciò che siamo e vogliamo essere invece che per dovere o non deludere altri.

Riflettiamo su quante volte diciamo No o Sì ma vorremmo fare il contrario.

Sugli obiettivi che facciamo nostri solo perché così ci si aspetta da noi, sulle vere esigenze spesso sacrificate per compiacere altri.

Sull’importanza di riuscire a lasciar andare, a mandare via, a sbarazzarci di quello che non serve più.

Rievocata simbolicamente dall’usanza della notte di capodanno, in alcune zone d’Italia e del Mondo, di gettare dalla finestra oggetti datati, vecchi mobili…

Cambiare vuol dire affrontare un processo, una transizione da uno stato interiore ad un altro.

Bisogna permetterlo, non resistere nella stessa forma. Nutrirsi di esperienze, accumulare consapevolezza per affrontare i nuovi modelli che diventiamo.

Un passaggio obbligato è quello di abbandonare parti di noi. In un certo senso anche fermarsi, andare in letargo esteriormente mentre all’interno avvengono grandi movimenti.

Continua a leggere l’articolo fonte https://www.psicologia24.it/2016/12/le-due-facce-del-capodanno/

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