L’asessualità non è un complesso. Non è una malattia. Non è necessariamente il segno di un trauma. Non è un comportamento. Non è il frutto di una decisione. Non è un voto di castità o un modo per esternare che stiamo “salvando noi stessi”. Non ci definiamo religiosi. Essere asessuali non è una dichiarazione di purezza o di superiorità morale.
Non siamo amebe o piante. Non siamo necessariamente confusi sulla nostra appartenenza di genere; non siamo anti-gay, anti-etero, anti-qualsiasi orientamento sessuale, anti-donna, anti-uomo, anti-qualsiasi genere o anti-sesso. Non stiamo necessariamente attraversando una fase, seguendo una tendenza o cercando di ribellarci. Non ci definiamo asessuali solo perché non siamo riusciti a trovare un partner adatto. Non abbiamo necessariamente paura dell’intimità. E non stiamo chiedendo a nessuno di “curarci”.
Da “The invisible orientation” (2014) di Julie Sondra Decker, scrittrice e attivista asessuale.
Le definizioni a volte sono importanti più per quello che non dicono che per quello che dicono. Prendiamo per esempio l’asessualità, definita come l’assenza di attrazione sessuale per altre persone. La definizione lascia aperta la possibilità che le persone asessuali possano sperimentare altre forme di attrazione, provare eccitazione sessuale, avere fantasie erotiche, masturbarsi o avere rapporti sessuali con altre persone, oltre ovviamente a coltivare relazioni sentimentali.
L’asessualità non è una semplice possibilità accademica o il frutto di una cattiva definizione: è la rappresentazione esatta della vita di molte persone. The asexuality visibility and education network, per esempio, descrive alcuni asessuali come “favorevoli al sesso”, una condizione che rivela “apertura alla ricerca di modi di vivere l’attività sessuale in modo fisico o emotivo; felicità nel dare piacere sessuale piuttosto che nel riceverlo”. Solo un quarto degli asessuali non prova alcun interesse per la vita sentimentale e si definisce “aromantico”.
Questa realtà non è compresa da tutti e l’asessualità non è ancora presa molto sul serio. Riflettere sull’asessualità, tuttavia, ci permette di capire meglio l’amore romantico e l’attività sessuale. Sappiamo per esempio che l’amore romantico, anche nelle sue fasi iniziali, non comporta necessariamente attrazione o attività sessuale, e che il sesso può essere vissuto in molti modi diversi.
Prima di prendere in esame la relazione tra asessualità e amore, è utile chiarire cos’è l’asessualità e cosa non è.
Le persone asessuali sono circa l’1 per cento della popolazione. A differenza degli allosessuali, che provano attrazione sessuale, gli asessuali non si sentono sessualmente attratti da qualcuno o qualcosa. L’attrazione sessuale differisce dal desiderio sessuale, dall’attività sessuale o dall’eccitazione sessuale. Il desiderio sessuale è l’impulso di provare piacere sessuale, ma non necessariamente con qualcuno in particolare. L’attività sessuale si riferisce alle pratiche finalizzate a sensazioni di piacere e orgasmo. L’eccitazione sessuale è la risposta del corpo all’attesa del desiderio o dell’attività sessuale, o al suo coinvolgimento in essa.
Attrazione, desiderio, attività ed eccitazione sessuale non sono sempre legati. Per esempio, Eloisa potrebbe trovare Abelardo sessualmente attraente ma non voler avere rapporti sessuali con lui. Oppure potrebbe trovarlo sessualmente attraente, ma rimanere casta per motivi religiosi. Abelardo, da parte sua, potrebbe non trovare Eloisa sessualmente attraente, ma volere ugualmente fare sesso con lei (forse per darle piacere o per avere figli). Oppure potrebbe avere difficoltà a eccitarsi pur trovandola sessualmente attraente e avendo voglia di fare sesso con lei.
Può stupire il fatto che molte persone asessuali provino desiderio sessuale e che alcune abbiano rapporti sessuali con i partner e/o si masturbino. Eppure è proprio così. L’attrazione sessuale per altre persone non è un prerequisito del desiderio sessuale. La ricerca su queste esperienze sta contribuendo ad allargare la nostra concezione del desiderio. Uno studio delle esperienze masturbatorie degli asessuali, per esempio, indica che in alcuni casi il loro desiderio è “non diretto”, cioè non si focalizza su qualcuno in particolare. Quando gli asessuali fanno fantasie sugli altri, spesso queste fantasie sono più astratte e sono incentrate su scenari romantici anziché su individui specifici, o non vengono vissute in prima persona. Per esempio, come scrive un utente di un forum su quello che gli asessuali pensano quando si masturbano: “Sono scene in terza persona. Potrei pensare a un personaggio maschile generico che è più o meno come me, ma che è comunque distinto da me, e lo osservo mentalmente più che partecipare”. Scrive un altro: “Penso quasi invariabilmente a personaggi di fantasia. I miei pensieri non riguardano mai persone che conosco e non riguardano mai me”. Tutto questo ha portato Anthony Bogaert, studioso dell’asessualità della Brock university in Ontario, a coniare il termine “autocorisessualità” (sessualità senza identità).
Essere bisessuali significa essere attratti sessualmente da uomini e donne; essere asessuali significa non essere attratti sessualmente da nessuno
Poiché alcuni asessuali provano un desiderio sessuale, anche se insolito, e hanno rapporti sessuali, l’asessualità non deve essere confusa con presunti disturbi del desiderio sessuale, come il disturbo ipoattivo, in cui il soggetto soffre di impulsi sessuali ridotti. Naturalmente, questo non vuol dire che gli asessuali non soffrano per la mancanza di attrazione sessuale, e anzi senza dubbio qualcuno la considera inibente dal punto di vista sociale. Ma come osserva Andrew Hinderliter, ricercatore dell’Università dell’Illinois a Urbana-Champaign, “uno degli obiettivi primari della comunità asessuale è che l’asessualità sia vista come parte della normale varietà che caratterizza la sessualità umana anziché come un disturbo da curare”.
L’asessualità viene spesso vista come un orientamento sessuale per via del suo carattere duraturo (non va invece considerata come un’assenza di orientamento, perché ciò implicherebbe che è una mancanza, e le persone asessuali non la vedono così). Essere bisessuali significa essere attratti sessualmente da uomini e donne; essere asessuali significa non essere attratti sessualmente da nessuno. Esistono prove empiriche che l’asessualità, così come la bisessualità, è una caratteristica relativamente stabile e non scelta dell’identità di una persona. Come osserva Bogaert, le persone sono generalmente definite asessuali solo se sostengono di non aver mai provato attrazione sessuale per gli altri. Chi ha una libido ridotta o ha scelto di astenersi dal sesso non è asessuale. Poiché l’asessualità è intesa come un orientamento, non è assurdo parlare di un celibe asessuale o di una persona asessuale con un disturbo del desiderio. Sapere che una persona è asessuale vuol dire capire la forma delle sue attrazioni sessuali, non se ha desiderio sessuale o pratica il sesso. Lo stesso vale per l’orientamento sessuale di chiunque: in sé, ci dice poco sul desiderio, sull’eccitazione o sull’attività sessuale di un individuo.
Conoscere l’orientamento sessuale di una persona ci dice poco anche sui suoi atteggiamenti più generali nei confronti della sessualità. Alcune persone asessuali non provano grande piacere nell’attività sessuale. Alcuni asessuali, come alcuni allosessuali, trovano l’idea del sesso generalmente ripugnante. Altri trovano ripugnante l’idea di se stessi impegnati in rapporti sessuali; alcuni sono neutrali riguardo al sesso; altri ancora si dedicano al sesso in contesti particolari e per ragioni particolari, per esempio per far piacere a un partner, per sentirsi vicini a qualcuno, per rilassarsi, per motivi di salute mentale e così via. Il sociologo Mark Carrigan, ora all’università di Cambridge, cita un asessuale, Paul, che in un’intervista gli ha detto: “Se mi trovassi in una relazione seria con una persona sessuale – non un asessuale, ma una persona che prova attrazione sessuale – lo farei soprattutto per accontentarla e per venire incontro ai suoi desideri. Ma non sarebbe una cosa fatta malvolentieri. Lo farei per lei, non solo perché lo vuole ma anche per l’aspetto simbolico dell’unità”.
La distinzione tra chi prova attrazione sessuale e chi no si sovrappone a quella tra chi prova attrazione romantica e chi no, cioè gli aromantici. Questi ultimi non si sentono attratti sentimentalmente dagli altri e in genere non desiderano portare avanti relazioni romantiche. Questo però non significa necessariamente che evitano di impegnarsi: in molti casi sono in una relazione quasi platonica, che prevede compagnia e impegno reciproci ma non le aspettative romantiche “tradizionali”. Un sondaggio del 2014 ha rilevato che il 25,9 per cento delle persone asessuali si definiva aromantico. Molti altri asessuali sono aperti alle relazioni romantiche e hanno un orientamento romantico; si considerano eteroromantici, omoromantici, biromantici e così via, cioè romanticamente attratti da persone di sesso diverso, dello stesso sesso o di entrambi. Analogamente, alcuni asessuali praticano la non monogamia per le stesse ragioni per cui lo fanno gli allosessuali.
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