
La Fobia Specifica del Vomito (ing. Specific Phobia of Vomiting, SPOV) è un disturbo poco studiato rispetto ad altre fobie specifiche.
La revisione di Keyes, Gilpin, e Veale realizzata nel 2018, presenta una sintesi qualitativa di 24 studi scientifici sull’argomento, i quali esplorano le caratteristiche di tale disturbo. Gli autori hanno inoltre identificato articoli che descrivono i fattori eziologici coinvolti nello sviluppo della SPOV, che vanno quindi a costituire la scintilla che può far emergere la problematica in oggetto.
Tra gli individui con la SPOV analizzati negli studi, quasi la metà teme di compiere l’atto di rimettere e circa un terzo teme sia di vomitare, sia vedere altre persone farlo. In questo ultimo caso, la paura che altri vomitino può essere dovuta all’esposizione al vomito stesso o alla paura di essere condizionati dal vedere altre persone che vomitano (van Hout & Bouman, 2012). È stato confermato che la SPOV sia spesso correlata ad un alto grado di ansia e disagio ed a disturbi gastrici che comportano nausea quasi ogni giorno (Lipsitz et al., 2001; Veale & Lambrou, 2006; van Hout & Bouman, 2012; Holler et al., 2013). Un dato rilevante consiste nel fatto che, in questi pazienti, non sempre risulta che la nausea porti a veri e propri episodi di vomito; tuttavia, essa è associata ad alti livelli di disagio e ansia. Ciò può essere dovuto all’interpretazione della nausea come segnale di minaccia imminente, rappresentata dal potenziale episodio di vomito, che porta a specifici comportamenti mirati al tentare di ridurre la possibilità che si verifichi il vomito (Holler et al., 2013; Veale, 2009).
Per far fronte alla nausea e alla paura di vomitare, gli individui possono dunque sviluppare vari comportamenti di sicurezza e di evitamento. Questi includono restrizione alimentare, controllo eccessivo delle date di scadenza di cibi prima di un pasto, lavaggio e pulizia frequenti delle mani, ricerca di rassicurazione, uso di antiacidi per ridurre la sensazione di nausea, evitamento di circostanze in cui si possono incontrare persone ubriache o malate, gravidanza, viaggi o vacanze all’estero, (Lipsitz et al., 2001; Price et al., 2012; van Hout & Bouman, 2012; Veale et al., 2013; Veale & Lambrou, 2006). La paura e l’evitamento di situazioni che provocano ansia possono creare profonde interruzioni della vita quotidiana, risultando invalidanti, e talvolta croniche (Davidson et al., 2008; Lipsitz et al., 2001; Veale & Lambrou, 2006).
Emetofobia: le possibili cause del disturbo
Ciò detto, è interessante comprendere in che modalità nasce la SPOV. Quali le cause di questo particolare disturbo? La paura del vomito è spesso legata a ricordi intrusivi di prime esperienze avverse di emesi (Price et al., 2012; Veale et al., 2013). Similmente al modello cognitivo di trauma, in individui con SPOV vecchi ricordi di episodi di emesi possono essere riattivati e vissuti come fossero attuali. Ciò instaura un ciclo di mantenimento rispetto al senso di minaccia relativo al vomito (Veale, 2009). Quasi un terzo degli individui con emetofobia sperimenta immagini intrusive relative alle prime esperienze di vomito, e quasi la metà le sperimenta come se fossero attuali (Price et al., 2012); pertanto, il ruolo delle immagini può essere importante nel mantenere questo disturbo, in quanto i flashback di suoni, odori e sensazioni fisiche associati ai primi ricordi avversi possono alimentare la paura di vomitare.
Due modelli spiegano l’importanza dei ricordi e di altri fattori di mantenimento nello sviluppo della SPOV. Boschen (2007) suggerisce che gli individui imparano ad interpretare i segnali interni, come la nausea, proprio come un segnale di vomito imminente che porta ad un aumento dell’ansia e dei sintomi gastrointestinali. Questo circolo vizioso viene quindi mantenuto da cambiamenti nei pregiudizi attentivi verso segnali interni, preoccupazione e comportamenti di evitamento.
Un altro modello sottolinea l’importanza dei ricordi di episodi di vomito associati alla paura, il che porta a riviverli come se stessero per ripetersi. L’assunzione fondamentale di questo modello consiste nel fatto che la nausea sia indicativa di un imminente episodio di vomito di estrema minaccia e orribilità, che porta quindi ad ulteriori ansia e nausea. Similmente al modello di Boschen, la paura del vomito viene quindi mantenuta da evitamento, ipervigilanza ai segnali di minaccia, attenzione focalizzata su se stessi, automonitoraggio, preoccupazione, e comportamenti di sicurezza (Veale, 2009).
Il trattamento dell’emetofobia
Esiste un rimedio per tale psicopatologia?
Il trattamento per l’emetofobia si concentra attualmente sull’esposizione graduale a segnali interni come nausea, segnali correlati al vomito o ad attività che sono state precedentemente evitate (Veale, 2009).
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