
Ottobre 30, 2025
Quando la mente si protegge da sé stessa
L’adolescenza è, per definizione, un ponte fragile tra l’infanzia e l’età adulta: un tempo di scoperta del Sé ma anche di vulnerabilità. Quando l’ambiente familiare o relazionale diventa imprevedibile o traumatico, la mente può scegliere la via della dissociazione: un meccanismo di difesa estremo per “staccarsi” dal dolore.
Il disturbo dissociativo non è solo “perdere il contatto con la realtà”, ma un complesso tentativo della mente di sopravvivere al dolore.
Secondo il DSM-5-TR (APA, 2022), i disturbi dissociativi si manifestano attraverso discontinuità nella coscienza, nella memoria, nell’identità o nella percezione.
Come scrive Bessel van der Kolk (2014): “La dissociazione è il prezzo che la mente paga per sopravvivere a ciò che è insopportabile.”
Caso clinico – La storia di A.
“A volte mi sento come se non fossi io a parlare. È come guardarmi da fuori, da un posto lontano, dove le emozioni non arrivano.” A., 16 anni
A., 16 anni, è una studentessa brillante ma recentemente ritirata e disorientata.
Gli insegnanti segnalano momenti in cui “non sembra più lei”: tono di voce diverso, sguardo perso, firma i compiti con un altro nome.
Durante la prima seduta, A. racconta:
“A volte mi sveglio e non ricordo cosa è successo il giorno prima. Mi dicono che ho detto cose che non ricordo.”
La storia familiare evidenzia anni di conflitti e violenza psicologica. La separazione dei genitori, avvenuta in età preadolescenziale, segna l’esordio dei sintomi dissociativi: amnesie, derealizzazione, depersonalizzazione, e momenti di apparente “presenza assente”.
Secondo Liotti e Farina (2011), nella Teoria della dissociazione strutturale della personalità, il Sé si divide in parti funzionali: una parte “apparente normale”, che gestisce la quotidianità, e una parte “emotiva”, che custodisce il trauma.
L’adolescente, ancora impegnato a costruire la propria identità, è particolarmente vulnerabile a questo tipo di scissione.
“L’adolescente dissocia per non perdersi: separa il dolore, ma così separa anche se stesso.”
Il percorso terapeutico: dal frammento all’integrazione
Il trattamento di A. si è sviluppato secondo tre fasi principali, in linea con il modello di van der Hart, Nijenhuis & Steele (2006).
Fase 1 – Stabilizzazione e sicurezza
Obiettivo: ridurre i sintomi dissociativi e creare un senso di sicurezza nel “qui e ora”.
- Tecniche di grounding e consapevolezza corporea
- Identificazione dei trigger
- Diario delle emozioni
“Quando sento che sto andando via, cerco di toccare qualcosa di reale, freddo, concreto. Mi aiuta a tornare.”
Fase 2 – Elaborazione del trauma
Dopo la stabilizzazione, il lavoro si è concentrato sull’elaborazione dei ricordi traumatici attraverso:
- EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)
- narrazione graduale e controllata delle esperienze traumatiche
- riconoscimento delle parti del Sé “spaventate” o “arrabbiate”
Fase 3 – Integrazione e ricostruzione narrativa
L’obiettivo finale è stato ricomporre il Sé: favorire la comunicazione interna tra le diverse parti e sviluppare una continuità identitaria.
La terapia basata sulla mentalizzazione ha permesso a M. di osservare le proprie emozioni e riconoscerle come appartenenti a sé stessa.
Il ruolo della famiglia e della scuola
Il contesto relazionale gioca un ruolo cruciale nel recupero.
Nel disturbo dissociativo adolescenziale, la famiglia rappresenta spesso sia la fonte del trauma che la possibile via di guarigione.
È fondamentale coinvolgere i genitori nel percorso terapeutico, aiutandoli a comprendere la natura del disturbo e a fornire un ambiente prevedibile e non giudicante.
Le scuole, spesso prime a osservare i cambiamenti, devono essere informate e formate: riconoscere la dissociazione significa vedere oltre il comportamento, leggere il sintomo come linguaggio del dolore.
Gli interventi possono essere:
- la psicoeducazione familiare aiuta i genitori a comprendere che la dissociazione non è manipolazione, ma un segnale di sofferenza.
- la collaborazione con la scuola consente di prevenire fraintendimenti e di creare un ambiente accogliente e coerente.
“Vedere oltre il comportamento: ogni assenza, ogni vuoto, è un modo di comunicare.”
Conclusioni: Ricomporre l’unità del Sé
Dopo mesi di lavoro, A. racconta:
“Non sono più pezzi sparsi. Quando mi guardo allo specchio, finalmente mi riconosco.”
La dissociazione non è una malattia da estirpare, ma una strategia di sopravvivenza da comprendere. È un linguaggio silenzioso che chiede ascolto, non diagnosi frettolose.
Compito del terapeuta è aiutare l’adolescente a dare voce a ogni frammento, accompagnandolo verso una narrazione coerente e compassionevole della propria storia, fino a restituirgli la possibilità di sentirsi intero.
“La guarigione non consiste nel cancellare il trauma, ma nel riuscire a raccontarlo senza perdersi, non è tornare indietro, ma restare presenti nonostante ciò che è accaduto.”
