La vita dell’essere umano è caratterizzata da periodi critici, in cui viviamo una sorta di transizione, momenti di crescita interiore dove però ci sentiamo più soli. Se pensiamo all’età più critica in cui si passa dall’essere bambini, poi ragazzi e poi adulti, attraverso l’adolescenza, allora potremo forse capire quel disagio interiore che ognuno di noi ha passato e che ci porta ad essere a rischio solitudine, che non è reale nel senso di essere soli ma è esistenziale.
Perché abbiamo paura della solitudine
È difficile definire in modo puntuale la solitudine interiore. In generale, viene descritta come una sensazione di vuoto. Ma dove nasce, perché e cosa significa? Le origini e le cause possono essere molteplici. Solitudine, (dal lat. Solus, sollus, intero, a sé stante, separato). Separato da chi? Da chi eri unito per vivere, da colui o colei da cui dipendeva la tua sopravvivenza. E la solitudine è l’esperienza della separazione dalla madre che innesca la paura di non farcela da solo e di essere in balia dell’ignoto, senza certezze, senza garanzie.
In effetti, la paura di rimanere da soli potrebbe nascondere la ferita profonda dell’abbandono. Le tendenze o tratti della personalità dell’individuo , insieme alle convinzioni errate o distorte acquisite nel corso della vita, fanno sentire la persona sola, impotente o abbandonata, cercando in compagnia l’immediata fuga da quelle emozioni. Per evitare queste sensazioni, la persona tende a creare legami emotivi impulsivi con poca richiesta o con criteri molto fragili.
Il partner viene scelto per sentirsi più sicuro o per mettere a tacere quella paura della solitudine o paura dell’abbandono; e si mantiene in tempi di crisi per gli stessi motivi. Queste situazioni non riescono a migliorare le difficoltà emotive che stanno alla base della relazione, difficoltà come la bassa autostima , che fa sì che le relazioni siano mantenute basate sulla dipendenza emotiva piuttosto che sullo sviluppo e sulla crescita personale.
La solitudine interiore fa male?
Sentirsi soli è un’esperienza spiacevole che può avere conseguenze sulla salute anche a lungo termine. Sappiamo che una vita sedentaria, il fumo o l’obesità sono legati a malattie croniche, ma non pensiamo mai a come le sensazioni negative provate a causa della solitudine possano danneggiarsi al punto tale da essere nella lista dei fattori di rischio per queste stesse patologie.
Quando sperimentiamo la solitudine, i livelli di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress”, salgono. Il cortisolo può compromettere le prestazioni cognitive, il sistema immunitario e aumentare il rischio di problemi vascolari, infiammazioni e malattie cardiache. Ecco perché la solitudine è anche un fattore di rischio per psicopatologie come la depressione e l’ansia.
Il potere della solitudine
La solitudine viene spesso confusa con l’isolamento, con il sentirsi soli ma non sono la stessa cosa: puoi sentirti solo in mezzo alla folla, anche se non sei isolato e puoi vivere isolato senza sentirti solo. La lingua inglese ha saggiamente intuito i due aspetti contraddittori della solitudine. Così ha creato la parola “solitude” per esprimere la scelta di essere soli (l’uomo solitario che sta bene con se stesso). E ha creato la parola “loneliness” per esprimere una solitudine sofferta e non scelta.
L’isolamento è la perdita di contatti umani, di condivisione sociale che ha profonde conseguenze emotive e può accompagnarsi a stati depressivi o di angoscia. Sentirsi soli è tristezza, la solitudine non lo è. La solitudine è una dimensione dell’anima, della psiche. La solitudine interiore è una fonte di conoscenza di sé, in cui si cela il bisogno di una serenità e di pace interiore; è uno stato di presenza. Stare da soli allora significa stare in compagnia di se stessi, cioè capaci di ascoltare se stessi, di assecondare se stessi, di correggere se stessi, di aiutare se stessi! E’ ascoltare il proprio mondo interiore per integrare l’esperienza esterna e trasformarla in sapienza. E’ una conquista dell’etă adulta che si raggiunge dopo aver fatto l’esperienza delle dipendenze affettive (dalla famiglia prima e dal gruppo dei pari poi).
La solitudine rende più intelligenti
Eppure è proprio nei momenti di solitudine che l’individuo è spinto ad affrontare se stesso. Faccia a faccia. Ed è proprio di questo confronto che abbiamo paura. Ma se è vero che per formare la propria personalità il confronto con gli altri è importantissimo, è altrettanto vero che il nostro conscio ha bisogno di momenti di solitudine per evolversi, per migliorare, per imparare ad accettarsi. Per approfondimento leggi pure l’articolo “Perchè le menti più brillanti necessitano di solitudine“
Cosa fare per non sentirsi soli
Stabilire legami con gli altri è il rimedio alla solitudine. I legami fondamentali di attaccamento nascono e crescono in famiglia. Ma nel corso del tempo le relazioni familiari tendono all’eccessiva complessità, diventano tese o più povere. Un clima familiare molto negativo può far nascere solitudine e incomprensione, fino a determinare un’attitudine solitaria.
L’amicizia come antidoto al sentirsi soli
Le amicizie diventano importanti per rimediare alla solitudine: gli amici sono una famiglia che è possibile scegliere. Le relazioni amicali nutrono e arricchiscono durante l’intero ciclo di vita. È ormai dimostrato che, invecchiando, chi conta sulla famiglia e anche sulle amicizie, ha una salute migliore. E vivere bene e più a lungo è un’arte che può essere imparata. L’effetto positivo del supporto familiare tende a rimanere pressoché identico nel corso del tempo, mentre il supporto e la presenza di amici è sempre più importante con l’avanzare dell’età.
Come vincere la paura di rimanere soli
La solitudine interiore provoca disagio e fa paura, ma per vincerla è necessario accoglierla. Anziché cercare di evitarla collezionando relazioni, buttandovi nel lavoro, facendo shopping o lasciandovi andare ai piaceri della tavola (in altre parole, colmando il vuoto con una dipendenza), dobbiamo fermarci ad affrontarla. La solitudine interiore è un messaggio di qualcosa che non va e solo mettendoci in ascolto possiamo risalire alla sua origine e sconfiggerla.
Superare il dolore e la paura di restare soli richiede un percorso emotivo non semplice ma possibile. La prima cosa, dunque, è diventare consapevoli del disagio, evitare di giudicare ed acquisire la motivazione di migliorare la propria vita con impegno, pazienza e determinazione.
Se non siamo capaci di stare bene da soli, senza avere bisogno di qualcuno sempre con noi, non potremo mai stare bene neppure con gli altri. Se impariamo a stare con noi stessi, ad apprezzare il silenzio di un’alba senza nessuno che ci distragga, se cominciamo a dedicare del tempo vero a riflettere, se impariamo a conoscerci e ad amare la solitudine, non ne avremo più paura e non soffriremo di certo.
Possiamo superare questo timore ritagliandoci ogni giorno del tempo solo per noi, senza distrazioni artificiali (libri, televisione, cellulari). Non serve scomparireper ore, basta anche poco purché non sia occupato da nulla che non sia il momento stesso. In realtà nessuno può soffrire di solitudine ma solo di astinenza: astinenza da tutte le forme di “distrazione” che utilizziamo per non restare soli con noi stessi.
Non lascio il mio partner per paura della solitudine
Tendiamo a pensare che una volta trovato un partner o dopo il primo figlio, non ci sentiremo più soli. Purtroppo non è sempre così. Il tipo di rapporto che instauriamo e i conflitti che sorgono nel corso del tempo possono fare in modo che, anche se accompagnati, ci sentiamo soli e incompresi. Ma a volte impieghiamo troppo tempo per capire da dove proviene la sensazione di vuoto e lasciamo passare anni prima di affrontare il problema. A quel punto il nostro equilibrio emotivo si sarà deteriorato.
Abbandonare un rapporto nel quale ci sentiamo soli, un rapporto che, invece di soddisfare i nostri bisogni crea problemi e carenze, è un atto di amor proprio e, in molti casi, addirittura di sopravvivenza. Preoccuparsi per il proprio equilibrio psicologico e darsi un’altra possibilità, è davvero il miglior regalo che possiamo farci. A questo punto non è necessario cercare immediatamente un’altra persona che riempia il vuoto, ma dovremmo imparare a star bene con noi stessi, godere della nostra compagnia e fare le cose che ci piacciono. Si tratta di assumere questa condizione come una fase di crescita e di scoperta, per accettarci e chiudere le ferite che ci ha lasciato quel rapporto.
CONTINUA A LEGGERE L’ARTICOLO FONTE https://psicoadvisor.com/paura-della-solituine-9315.html
Io in passato l’ho fatto, si trattava per l’appunto di una questione di sopravvivenza. Mi sentivo trascinare sempre più a fondo dalla sua tristezza perenne e avevo voglia di riemergere. Il famoso motto della crocerossina: “Io ti salverò.”
Ho pagato caro questo mio gesto, ma volevo essere corretta, inoltre mi resi conto di non essere più innamorata di lui, gli volevo un gran bene, ma non è la stessa cosa. Buonasera
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Buongiorno e buona domenica, ha ragione il voler bene e l’essere innamorati non è la stessa cosa. Ha fatto un buon lavoro di introspezione, anche se, in alcuni momenti non sarà stato facile, ma le ha permesso di raggiungere quella consapevolezza. Grazie per la sua testimonianza.
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Buongiorno Dott.ssa Chinello,
la ringrazio, non è stato facile e non lo è stato nemmeno prendere quella decisione, ma era la scelta giusta.
Le auguro una buona domenica
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